“L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del Re” è il titolo di una fiaba che è più per adulti che per bambini perché parla di un Re che non è capace di dire di no al figlio, principino, erede del suo regno.
E così, ogni volta che il principino chiede qualcosa il re, suo padre, glie la fa avere. Con il risultato che il figlio non desidera più l’oggetto che ha ricevuto ma quello che riceverà, ogni volta distruggendolo per poterne avere di ulteriori.
Il Re è insoddisfatto di questo comportamento del figlio ma non riesce a smettere di dare soddisfazione al figlio fino a che non viene aiutato a trovare la forza di dire di “no” al principino, suo figlio.
In effetti, la determinazione con cui si chiedono le cose può far scambiare la necessità con il capriccio e non sempre le due cose sono distinguibili, come espressione.
Sta di fatto che il capriccio non ha ragionamenti da produrre che non siano riconducibili ad una personale soddisfazione e che Un qualsiasi o Una qualsiasi Presidente del Consiglio non ha nel proprio mandato la soddisfazione personale o del proprio partito ma quello della popolazione intera.
Non per niente quando si elegge una carica ad alti livelli questa deve farsi carico di governare “super partes” e dichiara, di solito ma non sempre, che si impegna a prendere decisioni che portino benessere a tutte le parti che hanno partecipato al voto. Non solo alla parte che è risultata percentualmente maggiore e che ha determinato il risultato dell’elezione.
Questa frase pronunciata dall’attuale Presidente del Consiglio in parte dà soddisfazione ai propri elettori quando la sentono pronunciata da una carica dello stato così alta ma, di fatto, si scontra con la considerazione che la propria maggioranza non è assoluta e dà motivo all’insoddisfazione generale, di parte o in conseguenza delle scelte fatte, a non rimanere dietro l’angolo ma la induce a manifestarsi.